Assegno di divorzio, la Camera dei Deputati approva il progetto di legge
La nuova proposta di legge, che sembra venir accolta con favore dai più, si inserisce in una panoramica di necessario aggiornamento del diritto di famiglia.
È infatti noto, come abbiamo già sottolineato nel nostro approfondimento sugli orientamenti giurisprudenziali in tema di assegno di divorzio, che in tema di divorzio, la legge fosse insufficiente a regolare le fattispecie concrete in ambito familiare.
Per questo motivo, soprattutto dalla sentenza Grilli del 2017, le pronunce dei giudici hanno si sono contraddistinte per un carattere precipuamente nomofilattico.
In particolare la sentenza 11 luglio 2018, n. 18287, si era posta come interpretazione ultima volta a chiarire una volta per tutte le contrastanti interpretazioni in tema di divorzio, assegno di mantenimento ed assegno divorzile che si erano succedute dal 1970 in poi.
La proposta in oggetto (n. 506-A recante “Modifiche all’articolo 5 della legge 1° dicembre 1970, n. 898, in materia di assegno spettante a seguito di scioglimento del matrimonio o dell’unione civile”) accoglie quasi interamente la pronuncia degli Ermellini e propone di farla diventare legge.
I “nuovi” criteri per l’assegno di divorzio
Il progetto del nuovo articolo 5, in tema di assegno di divorzio propone che il Tribunale, per attribuirlo ad uno dei coniugi, debba valutare:
- la durata del matrimonio;
- le condizioni personali ed economiche in cui i coniugi vengono a trovarsi a seguito dello scioglimento o della cessazione degli effetti civili del matrimonio;
- l’età e lo stato di salute del soggetto richiedente;
- il contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare e alla formazione del patrimonio di ciascuno e di quello comune; il patrimonio e il reddito netto di entrambi;
- la ridotta capacità reddituale dovuta a ragioni oggettive, anche in considerazione della mancanza di un’adeguata formazione professionale o di esperienza lavorativa, quale conseguenza dell’adempimento dei doveri coniugali nel corso della vita matrimoniale;
- l’impegno di cura di figli comuni minori, disabili o comunque non economicamente indipendenti.
Inoltre, il tribunale potrebbe essere chiamato a predeterminare la durata dell’assegno nei casi in cui la ridotta capacità reddituale del richiedente sia dovuta a ragioni contingenti o comunque superabili.
È sparito dalla proposta di legge, tuttavia, il carattere compensativo-perequativo che i giudici della Suprema Corte nella sentenza 2018, n. 18287 avevano definito come fondamentale nella determinazione dell’assegno di divorzio.
Eliminando il carattere compensativo non si rischia forse di far ricadere solo sull’ex coniuge, infine economicamente più debole, le scelte e i sacrifici compiuti nelle more della condivisione della vita matrimoniale?
Stop all’assegno di divorzio se nuova convivenza
Nel testo della proposta si legge inoltre che “Con l’inserimento di un nono comma la proposta di legge afferma che l’assegno non è dovuto in caso di nuovo matrimonio, nuova unione civile o stabile convivenza del richiedente e precisa che il diritto all’assegno non rivive a seguito della cessazione del nuovo vincolo o del nuovo rapporto di convivenza.”
Il testo della norma attualmente in vigore, prevede la cessazione del diritto a ricevere l’assegno divorzile in caso solo di nuove nozze. Con la proposta, invece, si equipara il nuovo matrimonio all’unione civile o stabile convivenza.
La proposta del nuovo co. 10 dell’art 5 in analisi, assorbe le ultime interpretazioni della giurisprudenza tra cui la più recente ordinanza n. 406/2019 che aveva confermato l’estinzione del diritto all’assegno divorzile non solo in caso di nuove nozze, ma anche in caso di convivenza stabile e duratura.
Come provare la nuova convivenza?
La pronuncia in esame, nello specifico, confermava la validità della prova testimoniale già ammessa dai giudici di secondo grado; la Corte d’Appello di Torino con sentenza dell’11 ottobre 2017, dichiarava l’assegno di divorzio non più dovuto alla moglie…
… in considerazione del fatto che (l’ex moglie) conviveva con un altro uomo, come si desumeva dalla testimonianza resa da un investigatore privato, il quale aveva riferito fatti che dimostravano la convivenza stabile e duratura (…)”
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Autore: Jessica Bertazzo