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Decreto ingiuntivo: cos’è e come si ottiene

Il decreto ingiuntivo è uno strumento potente che permette di ottenere in tempi rapidi il soddisfacimento del credito. Utile soprattutto nei rapporti commerciali, vediamo cos’è e quando si può richiedere.

Che cos’è il decreto ingiuntivo?

Il decreto ingiuntivo è il provvedimento che il giudice emana in conseguenza dell’accoglimento di un ricorso proposto dal creditore a tutela del proprio diritto.

Con il decreto ingiuntivo l’autorità giudiziaria ordina al debitore di eseguire la prestazione dovuta (pagare una somma di denaro o consegnare una determinata cosa) entro (di norma) 40 giorni.

In altre parole il creditore si rivolge al giudice per ottenere un documento che ordini formalmente e autorevolmente al debitore di pagare quanto dovuto avvertendolo che in mancanza, le conseguenze giuridiche saranno ben più gravi.

 

Quali sono i vantaggi del decreto ingiuntivo?

Il decreto ingiuntivo rappresenta uno strumento molto rapido e perciò il più utilizzato per recuperare crediti di natura commerciale, ma non solo.

È utile sottolineare sin da subito che si tratta di un provvedimento con spiccata funzione esecutiva che si inserisce in un procedimento denominato – appunto- “di ingiunzione”, appartenente alla categoria dei procedimenti speciali.

È un procedimento speciale poiché si differenzia dal normale processo civile ordinario i cui tempi sono notoriamente lunghi: un decreto ingiuntivo si può ottenere in qualche giorno o al massimo qualche settimana.

Le tempistiche più brevi sono garantite dal fatto che il procedimento per ingiunzione è un procedimento sommario.

Cosa significa? Significa che è un rito semplificato oltre che nella sua struttura, anche nel grado di approfondimento di una fase specifica, ossia quella di cognizione. Il giudice, come vedremo tra poco, prende una decisione sulla base del solo ricorso del creditore. In un procedimento ordinario, invece, il giudice non può emettere una sentenza senza che sia rispettato il principio del contraddittorio, ossia che le varie parti del processo abbiano avuto la possibilità di far valere le proprie ragioni.

 

Quando è possibile richiederlo?

Il ricorso per ingiunzione di pagamento (l’azione quindi diretta ad ottenere un decreto ingiuntivo) non si può attivare in qualsiasi caso, proprio per la sommarietà che lo caratterizza.

La legge prevede all’art. 633 c.p.c. che è possibile ricorrere a questo tipo di azione solo quando il credito risulti certo, liquido ed esigibile e cioè:

  1. Liquido che è determinato precisamente nel suo ammontare;
  2. Esigibile che può essere sin da subito riscosso dal creditore in quanto non sottoposto a termini, a condizioni o perché non ancora scaduto. (Non posso esigere il pagamento prima che sia scaduto il termine entro il quale il debitore può pagare)
  3. Certo significa che non è controversa la sua esistenza poiché risultante da prova scritta. La legge specifica chiaramente quali sono le prove scritte idonee:

Le polizze e le promesse unilaterali contenute in scrittura privata (ad esempio “pagherò la somma che Le devo, dopo le vacanze natalizie. Firmato Mario Rossi”)

Gli assegni protestati; in ambito commerciale, sono prove idonee a tal fine,

Gli estratti autentici delle scritture contabili (ottenibili grazie all’intervento del notaio).

Come posso chiedere un decreto ingiuntivo?

Nei casi sopra indicati, ci si può rivolgere ad un avvocato affinché presenti un ricorso per ingiunzione di pagamento.

In questa fase – ecco di nuovo la la specialità del ricorso – il provvedimento del giudice è emesso inaudita altera parte, ossia senza che il debitore abbia potuto difendersi.

Esiste un documento che attesta l’esistenza e la misura del debito, pertanto al giudice pare verosimile la situazione creditoria e decide quindi di ordinarne l’adempimento.

È uno strumento a chiaro vantaggio del creditore, ma il debitore avrà facoltà di opporsi per far valere i propri diritti.

Ecco di seguito un esempio di decreto ingiuntivo per meglio comprenderne la portata:

“Il giudice di Pace di/Tribunale /etc Letto il ricorso che precede, valutata la propria competenza ed esaminata la documentazione prodotta, visti gli art. 633 e ss. cpc, ingiunge a Mario Rossi di pagare entro 40 giorni dalla notificazione del presente decreto la somma di xxxxx euro oltre agli interessi legali dalla data XXXX alla data del saldo effettivo oltre alle spese legali del presente procedimento liquidate in xxxx (etc) oltre all’espresso avvertimento che nel medesimo termine potrà essere proposta opposizione avverso il presente decreto nelle forme stabilite dall’art 645 cpc e seguenti e che in difetto di pagamento il creditore ricorrente potrà procedere ad esecuzione forzata.”

Cosa succede se il debitore non si oppone e non paga?

Come si evince dalla formula sopra riportata, il creditore potrà chiedere al giudice di apporre la c.d. formula esecutiva al decreto che lo renderà a tutti gli effetti un titolo esecutivo, valido per iniziare l’esecuzione forzata. 

Temporalmente e proceduralmente, tra il decreto ingiuntivo divenuto esecutivo e l’esecuzione forzata, vi sono altre due tappe fondamentali: l’atto di precetto e il pignoramento che rappresenta la prima fase del procedimento esecutivo nella forma dell’espropriazione forzata.

Come si evince, il decreto ingiuntivo divenuto esecutivo pone nelle mani del creditore uno strumento potentissimo poiché rapido ed efficace atto ad aggredire in modo coattivo il patrimonio del debitore.

Curiosità: com’è fatta una formula esecutiva?

“Comandiamo a tutti gli ufficiali giudiziari che ne siano richiesti e a chiunque spetti, di mettere a esecuzione il presente titolo, al pubblico ministero di darvi assistenza, e a tutti gli ufficiali della forza pubblica di concorrervi, quando ne siano legalmente richiesti“